Attrarre e gestire i volontari? Questione di marketing…culturale

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Tipologia: 
Articolo
Data pubblicazione: 
Aprile 2004
Dario Ferrante

“La costante trasformazione del volontario da volenteroso dilettante a membro dello staff professionale e competente ma non pagato è il più importante sviluppo nel settore non-profit”
(P. Drucker, 1989: 91)
La frase di Drucker è riferita al settore non-profit dei paesi anglosassoni. Negli States e nel Regno unito le organizzazioni culturali hanno sempre contato sull'apporto, a volte anche preponderante, dei volontari. Dal momento che spesso le organizzazioni culturali hanno poche o non adeguate risorse per raggiungere i loro obiettivi (personale, competenze, denaro e sovvenzioni), esse devono incrementare le loro risorse facendo ricorso all'aiuto e all'assistenza dei volontari.
McCurley (1990: 2) sottolinea l'importanza del volontariato con toni formali e piuttosto “americani”: “Un volontario è chiunque, senza compenso o aspettative di compenso, espleta previo rimborso un compito sotto la direzione e per conto di una organizzazione”.
La definizione di McCurley è molto utile perché suggerisce l'aumentata “professionalizzazione” dei volontari.
Questo processo è particolarmente rilevante per le organizzazioni culturali, dove i volontari giocano un ruolo importante, anche a livello manageriale. Nel suo famoso libro “Managing the Non-Profit Organization”, Drucker (1990: 143) scrive: “Nelle organizzazioni culturali i volontari sono diversi dai lavoratori retribuiti solamente perché non vengono pagati. Non solo il numero dei volontari sta aumentando, ma stanno anche aumentando le loro funzioni di management e leadership. Questo trend presumibilmente continuerà…” La questione è chiara anche a Bates (2001: 1): “Dove è che finisce il volontariato e inizia lo staff non pagato? Un metodo pratico è quello di applicare i normali processi di assunzione, utilizzazione e incentivazione del rapporto di lavoro sia allo staff pagato che volontario”.
 

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