Spunti per una Rivoluzione. Nuove voci dal Mondo della cultura
Curare un libro in questo particolare momento di crisi del settore culturale e scegliere di chiamarlo “Spunti per una rivoluzione” può apparire allo stesso tempo provocatorio ed ambizioso. Cosa che in effetti è. Quello che non vuole essere, nonostante la neanche tanto velata provocazione, è il manifesto di gente arrabbiata che ha trovato in questo testo uno strumento per lo scontro generazionale. “Spunti per una rivoluzione. Nuove voci dal mondo della cultura”, edito Franco Angeli all’interno della collana “Pubblico Professioni e Luoghi della Cultura”, è piuttosto un insieme di scritti sinceri ed audaci di alcuni giovani professionisti della cultura che stanno significativamente lavorando per costruire il futuro del settore in cui operano, per non dire del mondo in cui vivono, e che in proposito hanno anche qualcosa da dire.
Sono voci nuove perchè appartengono ad una generazione, quella dei 25-40enni, spesso lasciata ai margini del dibattito ufficiale, ma che costitusce il cuore pulsante della cultura di oggi e di domani: un insieme di professionisti capaci e competenti le cui visioni ed esperienze mancavano fino ad ora di uno sforzo di strutturazione a livello aggregato e di spazi adeguati per emergere.
Ma sono voci nuove anche perchè appartengono ad operatori che nel mondo della cultura si sporcano le mani in prima persona: organizzatori, artisti, musicisti, imprenditori, attori, danzatori, scultori, archeologi ed altre figure ancora che raramente trovano il tempo di mettere nero su bianco le proprie idee ma che proprio per questo, quando lo fanno, sono in grado di rendere al lettore un’immagine del settore estremamente efficace.
A diciannove di questi professionisti ho chiesto di scrivere un contributo che esprimesse quello che ritenevano fosse rilevante e utile dire sulla base della loro esperienza e del loro sentire in questo particolare momento di crisi. Un contributo che fosse allo stesso tempo critico ma anche propositivo, e che facesse emergere le reali problematiche del sistema ma anche proposte e modelli alternativi di fare e gestire cultura. L’ambizione, forse ingenua ma necessaria, era quella di fare veramente la differenza. La crisi era solo un espediente che ci dava finalmente l’opportunità di farlo.
Il risultato è nelle pagine del testo e non stà certo a me giudicare. C’è però ancora un aspetto che vorrei sottolineare. Da ogni dove si sente ormai acclamare l’esigenza di un inevitabile cambiamento e la ricerca di nuovi modelli di gestione e creazione è questione a cui nessuno sembra più né volersi né potersi sottrarre. Leggendo e rileggendo i contributi di questo testo la mia impressione è che in realtà anche nel nostro paese – e nonostante la sostanziale immobilità di politiche ed istituzioni – siamo di fronte ad un sistema che è già cambiato. Un sistema cioè che ha già in sé le manifestazioni del proprio futuro.
Manifestazioni che riguardano l’inesorabile eliminazione dei confini tra generi artistici, portando all’apertura di nuovi orizzonti creativi e di nuovi spazi, anche fisici, d’espressione (è questo il caso dell’esperienza di “Indisciplinarte” descritta da Linda di pietro o anche di “Fabula” raccontata da Luca Bidogia). Che concernono l’uso creativo delle nuove tecnologie, spalancando infinite frontiere di sviluppo artistico ed organizzativo (come spiegano ad esempio Davide Baruzzi e Paolo Cascio nell’ambito promozione e la distribuzione musicale, Giovanni Filocamo nella gestione di progetto, Roberto Carta nella produzione e distribuzione cinematografica, Livia Senic-Matuglia nel settore archeologico, e Valentino Corvino nella creazione dello spettacolo). Che vedono la presenza di una nuova cultura di impresa sia a livello individuale che organizzativo: una cultura economico-imprenditoriale che molti autori del libro - come Chiara Galloni, Davide Baruzzi, Silvia Ferri De Lazara - non solo auspicano e guardano con fiducia, ma mettono in pratica in prima persona.
Ibridazione artistiche, sperimentazioni tecnologiche, nuove forme organizzative così come sviluppo di reti locali e globali, capacità pratiche e visionarie, volontà critiche e d’ascolto: tutto insieme e contemporaneamente, in forme sempre nuove e sempre diverse, ma già reali. Nulla che debba essere veramente inventato - perchè ciò avviene di continuo e nonostante tutto - ma “solamente” ascoltato e valorizzato.
La prima buona notizia è dunque che la “rivoluzione” di cui al titolo del libro non è qualcosa che verrà, qualcosa di cui aver paura, dai risultati incerti e potenzialmente devastanti, ma è qualcosa che, seppur in modo ancora disorganico e frammentato, è già qui, è già ora. Ed è quel tipo di evoluzione delle pratiche e dei valori di cui il settore culturale ha innegabilmente bisogno. La vera questione è piuttosto se politica e istituzioni a vari livelli continueranno ad ignorare o ostacolare questa evoluzione - aumentando le difficoltà e il conflitto già esistenti - oppure decideranno di favorirla, riacquistando il passo dei paesi moderni. Per quanto possa apparire banale, è in questo campo a mio avviso che si deve concentrare la vera sperimentazione.
A tal proposito Linda Di Pietro, uno degli autori del libro, scrive:
“Ho sempre ammirato Cindy Sherman per la sua capacità di girare la macchina fotografica verso se stessa e mappare costantemente le proprie mutazioni.
Troppo spesso, invece, le politiche culturali dimenticano la macchina fotografica o fotografano la realtà con scarti decennali.
Mutare sistema è l'unico sistema di fronte a mondi in continua e rapida evoluzione.
Il sistema dell'arte e le strutture che vi lavorano si trovano costrette a rimodulare costantemente il proprio intervento.
Allo stesso modo le politiche culturali dovrebbero recepire le trasformazioni e adeguarsi di conseguenza. Ogni tre anni dovrebbero cambiare le regole per l'accesso ai finanziamenti, dovrebbero cambiare i parametri, dovrebbero cambiare i direttori delle strutture, dovrebbero essere messe a verifica le condizioni di salute dell'intero sistema della cultura.
Qualsiasi cosa si possa fare sarà fatta, e molto più velocemente di quanto si pensi.
La differenza sta solo se saremo noi a guidare il cambiamento o se ci limiteremo a subirlo”.
Ecco: dopo aver letto i contributi di questo libro – e questa è già la seconda buona notizia – mi sento di poter affermare che esistono molti giovani professionisti della cultura che questo cambiamento non solo sono in grado di fotografarlo in tempo reale, ma l’hanno anche colto nelle sue enormi potenzialità, lo affrontano senza paura e, in qualche modo, lo stanno anche guidando.
Affinchè la transizione a paese moderno di cui sopra sia davvero possibile è però necessario favorire la rigenerazione delle pratiche e soprattutto quella imprescindibile delle competenze attraverso un dialogo che sia allo stesso tempo interdisciplinare e intergenerazionale, sfidando da più fronti quel “nodo di interessi consolidati” (per citare Cristina Alaimo) - e l’altrettanto pericoloso zoccolo duro di ignoranza - che nel nostro paese regna tutto sommato ancora indisturbato.
Cosa che a mio avviso può avvenire solo se riusciamo a “fare gruppo” a nostra volta, condividendo e non separando, alzando la mano quando c’è qualcosa da dire. Credo infatti che sia importante per noi giovani professionisti della cultura in questo momento, così come in futuro, avere la voglia e la forza di metterci in gioco, assumendoci le nostre responsabilità senza temere di sbagliare. Inoltre credo che ciascuno nel suo possa fare poco, ma che attraverso la condivisione del pensiero e delle esperienze si possa davvero creare e ottenere qualcosa in più.
Spero che questo libro possa essere un primo passo per aprire un dialogo tra due mondi – quello delle “pratiche” e quello delle istituzioni - che viaggiano attualmente su binari separati ed a velocità differenti. Credo che sia un primo tentativo di farlo a livello aggregato e condiviso. Mi auguro sinceramente che non sia l’unico.
Indice
Prefazione. Cultura in crisi...crisi culturali, a cura dell’Associazione Pubblico Professioni e Luoghi
Genesi di un’idea. La rivoluzione di cui abbiamo bisogno, di Sara Bonini Baraldi
Prima parte – Speriamo almeno di essere in tanti
1. Dell’effimero. O del “fare cultura”, di Maria D’ambrosio
2. Processo alla cultura, di Cristina Alaimo
3. Fuori scena, di Marco Cavalcoli
4. Cultura: antidoto alla crisi, di Elena Di Stefano
5. Indisciplinarsi! di Linda Di Pietro
6. Quale crisi? di Chiara Galloni
Seconda parte – La crisi è uno stato di cambiamento
7. Cultural Catch-22, di Davide Baruzzi
8. Da ‘L’opera da tre soldi’ all’opera con tre soldi, di Paolo Cascio
9. La pellicola finisce in rete, di Roberto Carta
10. Matematicamente culturale, di Giovanni Filocamo
11. Il lavoro archeologico, di Livia Senic-Matuglia
Terza parte – L’alternativa attraverso l’espressione creativa
12. Si, ma di lavoro?, di Valentino Corvino
13. Costruendo realtà culturali, di Luca Bidogia
14. L’impresa dell’arte, di Silvia ferri
15. Fight your right to party, di Gianluca Gozzi
16. S-cultura: in contatto con la materia, di Cristiano Piccinelli
17. Ottimismo collettivo, di Ambra Senatore
18. La coralità necessaria e impossibile, di Silvia Bottiroli, Rodolfo Sacchettini, Cristina Ventrucci
Appendice. Altrimenti la fuga, di Massimo Conti
Gli Autori:
- Cristina Alaimo (1979), studiosa di cultural policy presso la London School of Economics, UK
- Davide Baruzzi (1985), organizzatore culturale e studente del corso Internazionale di Laurea Specialistica GIOCA dell’Università di Bologna
- Luca Bidogia (1979), psicologo e operatore teatrale, è presidente dell’Associazione Aitema
- Silvia Bottiroli (1978), studiosa e organizzatrice teatrale indipendente si occupa dal 2009 del coordinamento critico-organizzativo del Festival Sant’Arcangelo dei Teatri
- Roberto Carta (1976), operatore audiovisivo free lance, collabora con la casa di produzione Squeezezoom di Bologna
- Paolo Cascio (1978), musicologo, è ricercatore presso la Universidad Complutense di Madrid
- Marco Cavalcoli (1970) attore e amministratore della bottega d’arte “Fanny & Alexander” di Ravenna
- Massimo Conti (1965) attore, filmaker e regista, è fondatore della compagnia “Kinkaleri” di Prato
- Valentino Corvino (1970), violinista e violista presso il teatro Comunale di Bologna, realizza composizioni per produzioni teatrali multimediali per la ASQ
- Maria D’Ambrosio (1971) sociologa e ricercatrice in Pedagogia generale e sociale presso l’Università degli Studi Suor Orsola Benincasa di Napoli
- Linda Di Pietro (1979), organizzatore culturale, è fondatore e amministratore unico dell’agenzia di sviluppo e progettazione culturale “indisciplinarte” di Terni
- Elena Di Stefano (1973), project manager culturale free-lance specializzata nelle performing arts
- Silvia Ferri de Lazara (1971), storica dell’arte, docente IED, è fondatore e direttore della Fondazione March per l’arte contemporanea di Padova
- Giovanni Filocamo (1978), fisico, si occupa di divulgazione e comunicazione della scienza anche in collaborazione con il festival della Scienza di Genova
- Chiara Galloni (1982), imprenditorice e organizzatrice culturale, è amministratore delegato di Articolture, Bologna
- Gianluca Gozzi (1971) si occupa di musica indipendente ed è fondatore di sPAZIO211, Torino
- Cristiano Piccinelli (1971), è biologo, scultore e formatore in ambito artistico
- Rodolfo Sacchettini (1981) osservatore e critico teatrale, si occupa del coordinamento critico-organizzativo del Festival Sant’Arcangelo dei Teatri
- Ambra Senatore (1976), coreografa e danzatrice
- Livia Senic-Matuglia (1978), archeologa e redattrice presso la casa editrice Webster s.r.l. di Padova
- Cristina Ventrucci (1965) critico e organizzatore, affianca a ruoli di consulenza e coordinamento organizzativo, percorsi di produzione editoriale e sguardo critico