La fabbrica delle idee

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Recensione
Data pubblicazione: 
Giugno 2002
Copertina del libro La fabbrica delle idee
Titolo: 

La fabbrica delle idee

Autore del libro: 
Antonio Pilati e Giuseppe Richeri
Indicazioni bibliografiche: 

Saggi Baskerville, Bologna 2000
 

Un testo per chi desidera saperne di più di strategie di comunicazione, attraverso un excursus che, dalla storia dei media o - in misura ancor più precisa - dalla storia economica dei media, arriva a indicare le prospettive di sviluppo delle industrie di comunicazione nell'attuale epoca della convergenza dei linguaggi. Due tra i maggiori studiosi del fenomeno affrontano con rigore l'argomento, scorporandolo in parti che potrebbero considerarsi piccoli saggi autonomi in riferimento ai differenti settori della produzione: televisione, cinema, editoria.
 
Centrale sembra comunque essere il collante del marketing, strumento d'analisi che da presupposti statistici va a confluire in ricostruzioni comprendenti la storia delle idee e della comunicazione, tra sociologia, massmediologia e costume. L'economia, nel senso di calcolo, è solo l'essenza di questa grande economia del pensiero di comunicazione.
Ne esce un libro di grande interesse in cui la prima parte si concentra nella ricostruzione della nascita dei mercati quando, a cavallo tra XIX e XX secolo, ha inizio il processo di tecnologizzazione delle famiglie europee; uno dei momenti - fino agli anni '50 - '60, con il telefono, la riproduzione sonora, il cinema, la radio e, più in là, la televisione - in cui, per la prima volta, si presagisce la spinta al formarsi d'un mercato di massa. E' di fatto negli anni '80 che si assiste al mutamento dei sistemi delle attività di comunicazione, quando i palinsesti e le infrastrutture medie per famiglia sono ormai già completamente acquisite, motivo del resto valido a spiegare il processo d'integrazione dei mercati: dall'ingresso di nuovi strumenti tecnologici all'espansione della pubblicità, dal declino dei monopoli pubblici all'affinamento delle strategie dei maggiori gruppi, la rivoluzione della comunicazione sfocia in una politica ad alto interesse economico, con la produzione e divulgazione di contenuti a ciclo continuo e la revisione di nuovi criteri di spesa e di previsione di guadagno.
 

Prendono inoltre piede due differenti possibilità di comunicazione, quella centrata attorno al testo e all'informazione - stampa, editoria, collegamenti on line, videotext, teletext -, l'altra basata sull'immagine - televisione, cinema, home video. Sono questi i fattori che fanno della pubblicità la principale fonte d'introito, con la messa a punto di strategie commerciali supportate da inedite possibilità di distribuzione e assorbimento dei messaggi. Si crea, in conseguenza di ciò, un meccanismo di scambio di conoscenze, con differenti tipologie che vanno dall'individuazione e organizzazione di mercati alternativi all'ascesa di particolari attori - professionisti della comunicazione d'impresa e cura d'immagine, del problem solving, della comunicazione integrata e pensiero strategico -, con una forte attenzione allo studio di marketing. In quest'ottica si affermano anche altre attività di service come per le agenzie pubblicitarie, vere e proprie imprese dalle molteplici competenze impegnate nella fornitura di interi pacchetti di progetto di comunicazione aziendale.
Con l'importanza sempre maggiore del brand, a cavallo tra gli anni '80 e nel corso dei '90, le singole strutture puntano, però, alla creazione di strategie interne e sempre meno affidano alle agenzie la cura completa delle proprie esigenze d'immagine; un passaggio significativo che porta le stesse a vedersi confinate ad attività di supervisione e consulenza.

In effetti, la rapidità della circolazione dei messaggi, così come l'ampia disponibilità di spazi di comunicazione, spingono le aziende alla sintesi dei propri obiettivi commerciali per mezzo di un'autonoma e quanto più personalizzata invenzione di un'identità simbolica - la marca - catalizzatore di aspettative, sentimenti e, in una parola, compendio d'una visione del mondo. Il consumatore accettando una marca ha modo di operare una selezione e, a un tempo, favorire una scelta dai contenuti cognitivi certi. La marca, di fatto, non porta in sé solo il significato di un'ipotetica condivisione d'una scala di valori, ma da un lato stimola il potere della distribuzione alla crescita, dall'altro ne vincola l'attività negoziale alla capacità da parte del brand di attirare le opinioni e di creare stili di vita e, quindi, di consumo.
L'efficacia della comunicazione riorganizza, quindi, lungo tutti gli anni '80, il sistema dei consumi rimodellando le strategie di produzione, tanto che nel corso del decennio si verificano: un incremento del numero delle marche, la messa a punto di attività di brand-extension, un aumento della segmentazione dei mercati e un corrispettivo predominio dei gruppi più forti. Su questo scenario si rafforza sempre più, inoltre, l'idea da parte delle aziende della necessità della costruzione della marca come elemento fondamentale per la fidelizzazione e soddisfazione dei propri utenti e, al contempo, come strumento di contesa con le catene distributive. Si assiste, con gli anni '90, al predomino assoluto dell'immagine e al progressivo affermarsi, in quello che viene definito il mass market, dei due settori portanti della comunicazione: le telecomunicazioni e l'informatica, settori per i quali sempre più si rendono necessarie figure professionali specializzate nel management. Oggi, grazie anche a un quanto mai preciso monitoraggio dell'evoluzione dei sistemi di comunicazione, è facilmente disponibile la mappa di nuovi settori professionali e delle prospettive di specializzazione sul mercato che di per sé contengono.