L'"experience" del Giffoni Film Festival

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intervista a Claudio Gubitosi a cura di Luisella Carnelli

Tipologia: 
Intervista/Reportage
Data pubblicazione: 
Gennaio 2010
Settori: Cinema

Il Giffoni Film Festival nasce nel 1971 a Giffoni Valle Piana, una piccola cittadina vicino a Salerno. L’idea che sottende la creazione del festival è quella di creare un punto d’incontro per il cinema dei ragazzi, che divengono i protagonisti assoluti del festival: a loro è infatti offerta la possibilità di guardare i film, discuterne, giudicarli, entrare nei processi di produzione.

I giovani giurati provengono da tutto il mondo e sono ospitati nella famiglie di Giffoni e dintorni. In pochi anni il festival passa da manifestazione locale ad evento di respiro internazionale, a cui via via aderiscono personalità di spicco. Abbiamo colto l’occasione di un breve soggiorno a Torino di Claudio Gubitosi, fondatore e direttore artistico del Giffoni Film Festival, per rivolgergli alcune domande.

Il Giffoni Film Festival è “uno dei pochi casi di festival cinematografico che diventa: “industria culturale; volano di sviluppo imprenditoriale; motore trainante dell’economia locale”. Le chiederei innanzitutto di spiegare questi concetti, quindi di indicare quali i presupposti e le “azioni” per arrivare a trasformare un festival in una realtà così complessa e articolata.
Ritengo sia opportuno prendere le mosse non tanto dal passato, quanto dalla situazione presente con un occhio al futuro, partendo da un dato oggettivo, ma ancora non definito, ovvero il 2013, anno in cui il Giffoni avrà a propria disposizione una imponente struttura creativa dotata di musei, cineteche, arene, due nuove sale cinematografiche. Il 2013 marca l’esigenza, la voglia e la capacità del festival di configurarsi non tanto come una semplice idea festivaliera, quanto come un processo continuo che si colloca in un contesto territoriale preciso, che si sostanzia mediante un percorso articolato di crescita culturale indirizzata al mondo dei ragazzi.
Alle soglie del quarantennale del Giffoni, si è deciso di sostituire il termine festival con experience. Tale scelta è dettata non tanto da esigenze di naming, quanto dalla volontà di rimarcare la specificità del Giffoni, che si caratterizza per una presenza attiva e costante sul territorio per tutto l’anno e non solo nel periodo di svolgimento del festival: oltre all’evento storico, tradizionale che dura 14 giorni e rappresenta il cuore del Giffoni, si sono aggiunti una serie di iniziative che arrivano a costruire un calendario di eventi costituito da 250 giornate di attività. Inoltre, il Giffoni si configura come un evento in continua evoluzione, in quanto attento alle trasformazioni morfologiche dei giovani, della società e dei ragazzi all’interno della società, secondo la prospettiva non tanto di una ricerca sfrenata e ossessiva dei migliori film, quanto dei film che meglio sono in grado di rappresentare la complessità del mondo dei ragazzi secondo la prospettiva di un confronto fra generazioni.
Tutto ciò ha comportato una evoluzione e rivoluzione per un festival come il Giffoni, che attualmente si presenta come uno fra gli eventi più amati in Italia, grazie appunto alla modalità in cui ha saputo re-inventare la sua mission, dando vita ad una programmazione diversificata in termini sia di sviluppo temporale sia per l’offerta dei contenuti. Basti pensare che il Giffoni oggi si avvale di una struttura permanente di 65 unità e 480 collaboratori a progetto che per un mese lavorano per il festival. A ciò si deve aggiungere un’attività permanente di cinema, con una sala di 850 posti attiva tutto l’anno con 40 mila presenze annue.
Si tenga inoltre presente che l’espansione dei format o la nascita di altri format si sono sviluppati a macchia d’olio non solo nel territorio locale, ma in tutta Italia, grazie al brand del Giffoni, riconosciuto come forte, affidabile, qualificato. Partendo dall’elemento nazionale il Giffoni si è poi sviluppato a livello internazionale: la sfida è stata quella di aprirsi verso il mondo, non si è internazionali solo perché si ospitano nei palinsesti artisti di nazioni diverse, ma perché ci si apre alle esperienze.

Intervista completa: