Esistono le condizioni per un rinnovamento radicale delle politiche culturali in Italia?

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intervista a Fabrizio Grifasi a cura di Luisella Carnelli

Tipologia: 
Intervista/Reportage
Data pubblicazione: 
Settembre 2009

In un momento di smarrimento e incertezza del settore culturale, abbiamo chiesto a Fabrizio Grifasi quali potranno essere le strade da percorrere per prefigurare una prospettiva di ripartenza. Tale tematica sarà oggetto di discussione nel corso del convegno ArtLab 09, l'appuntamento annuale sul management culturale promosso da Fondazione Fitzcarraldo.
 
Partendo dalla considerazione che il settore culturale vive, allo stato attuale, un momento di smarrimento e incertezza a livello europeo, e italiano in modo più marcato, quali le strade da percorrere per prefigurare una prospettiva di ripartenza? Senza dubbio, come tu stesso hai già in precedenza affermato, non ci si può limitare a rinchiudersi in constatazioni difensive di categoria per affrontare la crisi in atto, ma allora cosa si dovrebbe fare?
 
 
Credo che si debba adottare una visione ad ampio spettro, cercando di superare la logica secondo la quale ci si deve limitare a rabberciare e ri-aggiustare un sistema. Il mondo nella sua complessità, e non solo quello culturale, è cambiato; in particolare, sono mutati il significato e la funzione delle pratiche artistiche e culturali, il ruolo delle istituzioni, il rapporto tra iniziativa pubblica e privata a vocazione pubblica.
Allo stato attuale, si corre il rischio di affrontare queste tematiche con strumenti che portano con sé un ritardo di 20/30 anni. Ovviamente, nel caso in cui si continuasse a percorrere questa strada, saremmo destinati a non produrre nessun nuovo slancio e tanto meno potremmo programmare una forma di ripartenza, salvo interventi da falegnameria di piccola manutenzione.
La questione di fondo da affrontare con serenità e coraggio non può prescindere dalla constatazione che molta dell'organizzazione della cultura e dello spettacolo - in ambito pubblico e privato a forte vocazione pubblica - è obsoleta e autoreferenziale, tranne le poche eccellenze di soggetti che hanno avuto il coraggio di guardare al presente.
Il problema non può essere ricondotto interamente e unicamente alla questione del FUS, anche se credo che il livello dei finanziamenti debba essere reintegrato e in ogni caso si tratta di cifre molto più basse di quanto viene stanziato ordinariamente negli altri Paesi europei.
Io mi aspetto che il mondo della politica e delle istituzioni e, più in generale, quanti ricoprono ruoli di indirizzo diano avvio ad un processo di dialogo più ampio (che non riguardi solo le solite associazioni di categoria) e si aprano in modo propositivo all'ascolto delle esperienze e delle esigenze di quanti operano in ambito culturale. La politica deve avere la forza di ascoltare tutti i suoi interlocutori: quanto più è ampio il bacino dei referenti, tante più suggestioni e proposte si possono trarre, oltre ad ampliare la conoscenza di un sistema sempre più articolato e complesso.
Infine, anche noi gestori, organizzatori, project manager della cultura abbiamo certamente una responsabilità. Il nostro compito è quello di dare avvio ad un processo di rigenerazione a partire dall'analisi di cosa siamo e come lavoriamo, dalle pratiche che utilizziamo, dal modo in cui pensiamo il rapporto con gli artisti. È impensabile sperare di chiedere solo alla politica e alle istituzioni di farsi carico di rinnovare un sistema che è bloccato da anni, se noi per primi non siamo in grado di mettere in atto un tale rinnovamento. Tutti i soggetti citati hanno delle responsabilità, diverse ma di eguale importanza, poiché sono tutti partecipi di un sistema e di un meccanismo che opera in un mondo totalmente mutato.
Queste tre leve - politica, istituzioni e operatori/artisti - devono agire in parallelo e in modo sinergico. Io stesso sento una grande responsabilità come operatore e direttore di un'organizzazione: non posso solo rivendicare e chiedere ad altri di agire per cambiare lo status quo; devo interrogare in primis l'organizzazione che dirigo, chiedendomi cosa significa operare oggi nel mondo della cultura, come deve cambiare il nostro modo di lavorare, cosa comporta rinnovare la nostra mission.
A mio avviso, ci sono tutte le condizioni per uscire da questo periodo di crisi, che per quanto duro e faticoso può aprire anche opportunità straordinarie, a patto di leggere questa fase come la possibilità di ricostruire pratiche e strumenti più adatti al nostro tempo e ai prossimi 20 anni.
Se riusciamo a essere saldi nel presente, e al contempo avere una visione del futuro, questa crisi può rivelarsi estremamente positiva, se porta con sé un ripensamento e una discussione propositiva, ma anche dolorosa perché selettiva. In questo periodo "rischioso" dobbiamo navigare, metterci in movimento rapidamente, e prendere delle direzioni precise.
 

Intervista completa: