Giovani, pratiche culturali e nuove tecnologie: uno sguardo al Piemonte

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Tipologia: 
Articolo
Data pubblicazione: 
Luglio 2010
OCP
di: OCP

Le nuove tecnologie, specialmente quelle legate a Internet, hanno riconfigurato profondamente lo scenario entro cui si dipanano i consumi e le pratiche culturali; una riconfigurazione tanto più interessante se si considera la rapidità con cui si sono succeduti alcuni elementi di novità che hanno rivoluzionato la pratica e gli atteggiamenti quotidiani, almeno per una buona fetta di popolazione: Google e Ryanair (1997), Napster (1998), la prima serie del Grande Fratello in Italia (2000), l’Ipod, Wikipedia (2001), Facebook (2004), Youtube (2005), i film in 3D al cinema (2008), tanto per citarne alcune.

Le nuove tecnologie, specialmente quelle legate a Internet, hanno riconfigurato profondamente lo scenario entro cui si dipanano i consumi e le pratiche culturali; una riconfigurazione tanto più interessante se si considera la rapidità con cui si sono succeduti alcuni elementi di novità che hanno rivoluzionato la pratica e gli atteggiamenti quotidiani, almeno per una buona fetta di popolazione: Google e Ryanair (1997), Napster (1998), la prima serie del Grande Fratello in Italia (2000), l’Ipod, Wikipedia (2001), Facebook (2004), Youtube (2005), i film in 3D al cinema (2008), tanto per citarne alcune.

Le nuove tecnologie, specialmente – ma non solo – quelle legate a Internet, da un lato facilitano l’accesso a tutti (o quasi) i contenuti di interesse per l’utente; dall’altro agevolano l’esposizione a e l’esplorazione casuale di contenuti nuovi o poco attinenti rispetto a quelli cercati, una serendipity a portata di chiunque che stimola nuove connessioni e apre un numero altissimo di nuovi percorsi di esplorazione possibili senza sforzi aggiuntivi.
La facilità e rapidità di accesso a contenuti e servizi agevola il multitasking e la fruizione contemporanea di più contenuti (tante “finestre” del browser aperte contemporaneamente su contenuti molto diversi), nonché l’estensione di alcune attività prima limitate ad ambienti e situazioni precise ad altri momenti, come attività di sfondo (l’ascolto di radio in streaming durante l’orario di lavoro). Se le nuove tecnologie agevolano la fruizione superficiale e rapida dei contenuti che consegue spesso al multitasking, al googlismo e al wikipedismo, agevolano anche l’esatto opposto, ovvero l’approfondimento “estremo” di un contenuto attraverso l’accesso facilitato a una serie amplissima di risorse e informazioni a questo associate, incluse fonti non accessibili prima dell’avvento di Internet e soprattutto della rivoluzione del Web 2.0 e dei social network (i commenti degli utenti e dei consumatori su un prodotto; i blogger che divulgano informazioni “scomode” su un’azienda; le fandom). Si pongono problematiche nuove: l’affidabilità delle informazioni, la verifica delle fonti, l’opportunità di forme di controllo e moderazione dei contenuti pubblicati dagli utenti.
Dal punto di vista dell’analisi dei consumi culturali, questi appaiono oggi sempre più personalizzati e meno prevedibili: uno stesso soggetto può accostarsi con facilità a contenuti estremamente differenziati secondo logiche di esplorazione dei contenuti talvolta casuali, dunque spesso imprevedibili. Gli utenti si muovono agilmente tra contenuti estremamente differenziati (dal video comico su Youtube al telefilm in streaming, dal blog di cucina alla visita virtuale di uno scavo archeologico), seguendo connessioni difficili da prevedere; i social network non solo riproducono i rapporti sociali “reali” ma configurano addirittura una “nuova socialità”. Così sfuma la distinzione tra contenuti “alti” e “bassi” e si catalizza un percorso tipico della surmodernità, già avviato prima ancora dell’irrompere delle nuove tecnologie.
Anche la produzione culturale risente profondamente della diffusione delle nuove tecnologie: grazie alla logica partecipativa del Web 2.0 sfuma sempre più la distinzione tra produttori e consumatori di contenuti. Termini quali prosumer e user generated content entrano di diritto nel vocabolario dei ricercatori, tanto che potrebbe essere più corretto parlare di pratiche culturali piuttosto che di consumi culturali. Si tratta di un percorso iniziato pochi anni fa con l’abbattimento dei costi dei prodotti tecnologici e la loro conseguente diffusione tra ampi strati di popolazione. Attività e pratiche riservate a chi “poteva permetterselo”, sia per questioni economiche sia per questione di competenze nell’uso di tecniche e attrezzature specifiche, sono rapidamente entrate nella pratica quotidiana di chiunque possieda capacità di spesa, competenze tecniche e “capitale culturale” minimi: la fotografia, da attività artistica che richiedeva anche agli amatori formazione, esperienza e dedizione, è divenuta attività molto più diffusa e teoricamente alla portata di tutti grazie alla diffusione delle macchine digitali. La progressiva integrazione dei device (il cellulare che scatta foto digitali; l’iPhone) sta agevolando ulteriormente tale processo.

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